3829 recensioni a vostra disposizione!
   

UN ANNO VISSUTO PERICOLOSAMENTE
(THE YEAR OF LIVING DANGEROUSLY)
Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 marzo 1984
 
di Peter Weir, con Mel Gibson, Linda Hunt, Sigoumey Weaver (Stati Uniti, 1983)
 
Sukarno amava intitolare ognuno dei suoi discorsi del 17 agosto (la festa nazionale indonesiana) con una frase che rinverdisse la sua fama di grande impresario del nazionalismo di quel Paese. Nel 1957 fu "L'anno della decisione", nel '58 "L'anno della prova", nel '59 "L'anno della riscoperta e della rivoluzione". Nel 1964, momento nel quale si situa l'azione di questo film del regista australiano Peter Weir e del romanzo di C.J. Koch al quale s'ispira, il crescendo aveva ormai condotto il celebre uomo di stato ad intitolare il suo messaggio alla nazione come questo film, "L'anno da vivere pericolosamente". Capo carismatico indonesiano a partire dall'immediato dopoguerra e dalla resa dei giapponesi, Sukarno diventa il presidente della Repubblica dopo esser stato l'ispiratore del movimento indipendentista. Il suo sarà un lungo processo d'equilibrio tra un Partito comunista d'importanza sempre crescente e una destra solidamente ancorata alle forze armate.

Nel film di Peter Weir che inizia con uno spettacolo di marionette si dice proprio che Sukarno "è il grande burattinaio, perché riesce a tenere in equilibrio da sempre la destra e la sinistra". E il merito di UN ANNO VISSUTO PERICOLOSAMENTE, presentato con successo all'ultimo Festival di Cannes è proprio quello di esporsi decisamente (in un periodo dove il coraggio politico delle grandi produzioni cinematografiche si riduce ai film di Costa - Gavras) alla descrizione di un avvenimento storico-sociale non privo di ambiguità e di lati oscuri: il colpo di stato comunista del 1965 a Giacarta, il ruolo di Sukarno, la controrivoluzione dei militari, la repressione anticomunista, il progressivo avvento dell'attuale presidente Suharto. Se il cinema australiano si avventura fuori dai propri confini è sicuramente perché ha ormai raggiunto una sua maturità, dopo gli esordi negli anni settanta che incuriosirono il mondo del cinema internazionale. E un cinema fresco e istintivo, ancora vicino alla natura: e questa "fisicità" noi spettatori l'afferriamo fin dalle prime immagini del film. Resterà, per tutta la durata del film l'aspetto più interessante, a tratti emozionante, della pellicola. La realtà osservata da Weir ci viene resa in modo quasi palpabile, l'umanità brulicante e miserabile, tipica del terzo mondo tropicale, con i suoi rumori, i suoi odori. L'umidità sgocciolante, le strade intasate, gli squarci all'interno delle catapecchie che ci rivelano gli aspetti più tragici del sottosviluppo. Uno sguardo quasi documentaristico, quello che il cineasta australiano pone sulla condizione indonesiana.

Ma, contemporaneamente, Weir introduce all'interno di quel tipo di realismo un altro aspetto ormai quotidiano del Terzo Mondo: la rivolta, i moti popolari, i movimenti di piazza. Ricostruiti ovviamente con mezzi di finzione (e, altrettanto ovviamente, girati non a Giacarta ma a Manila...) ma espressi con un'identica capacità realistica, con un talento innato nella descrizione fisica dell'azione, intesa proprio in senso dinamico. Il risultato è che il film di Weir finisce col restituirci con un'immediatezza difficilmente riscontrabile altrove la precarietà l'ansia e la miseria di un mondo in fermento e in sofferenza. Un mondo che la televisione ci porta ogni sera in casa. Ma che, per il modo con il quale ce lo porta (e il modo, occorre dirlo, con il quale noi consumiamo quel tipo di prodotto) tende a sfuggirci sempre di più. Allontanandosi dai propri paesaggi, lo abbiamo detto, il cinema australiano allarga i motivi d'interesse: ma, allo stesso tempo, indossa quelle formule che caratterizzano lo spettacolo internazionale. Così, accanto agli aspetti positivi segnalati, UN ANNO VISSSUTO PERICOLOSAMENTE fa sue le regole della banalità: il mondo degli inviati speciali descritto con una certa qual ripetitività e, soprattutto, la storia d'amore convenzionale che sfocia in un "happy end" scandalosamente risibile.

Lo stesso sembra dirsi della poetica di Peter Weir, cineasta che aveva saputo fondere a meraviglia l'analisi sociale e la poesia del magico in PICNIC AT HANGING ROCK. Qui il suo gusto per l'insolito e il fantastico sembra concentrarsi in quello che è il personaggio più interessante del film. Il nano fotografo (interpretato da un'attrice femminile, Linda Hunt) che rappresenta la coscienza terzomondista. Tradendo la sua fiducia il giornalista Mel Gibson (eroe dei vari episodi di MAD MAX) tradisce in effetti la fiducia di tutta una condizione disperata nei confronti del mondo dei privilegiati. Ritroviamo in questo rapporto il tentativo dell'autore di riproporre alcuni dei suoi temi favoriti: la classe inferiore vicina alla comprensione della natura e quindi dell'uomo, la ricerca della purezza, il ritorno alla madre-patria come ritorno alla facilità materialistica, ecc. Ma certo, con le preoccupazioni di condurre in porto una grossa produzione come questa, si fanno più esigue le possibilità di coniugare perfettamente dei momenti così facili e antitetici con l'analisi esasperatamente fisica di una realtà, e il rinvio di questa realtà nel fantastico e nel soprannaturale.


   Il film in Internet (Google)

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda